Il percorso è in aggiornamento.
Per ora si possono visualizzare le tracce sulla mappa digitale.
A presto i dati, video e foto.
Il percorso completo con le varianti e le Vie storiche di raccordo sono descritte lla pagina dedicata alla VIA DEI FEUDI IMPERIALI
Stiamo parlando di due personaggi storici che hanno determinato in modo permanente le sorti della storia medievale.
Liutprando, re dei Longobardi, salì sul trono lasciatogli dal padre Ansprando nel 712 e regnò fino alla morte nel 744. Il re desiderava espandere il dominio longobardo anche al sud dell’Italia, dominato dai bizantini; infatti fino ad allora stanziavano solo al nord della penisola. Ma Liutprando voleva affermare la sua legislazione improntata ai principi della fede cattolica. Portare le reliquie del santo, in mano a saraceni, era un atto di fondamentale importanza per la comunità cristiana. All’epoca del viaggio la sede era Pavia.
Aurelio Agostino d’Ippona, conosciuto come Sant’Agostino, è uno dei più importanti rappresentanti della cristianità. Antonio Livi, uno dei massimi esperti in teologia, definisce il santo come «il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto». Ha lasciato molti scritti, la sua vita è stata tramandata con grande dettaglio nelle Confessioni, sua biografia personale, nelle Ritrattazioni, che descrivono l’evoluzione del suo pensiero, e nella Vita di Agostino, scritta dal suo amico e discepolo Possidio, che narra l’apostolato del santo. Morì all’età di 75 anni a causa di una malattia durante l’assedio di Ippona da parte del Re vandalo-alanico Genserico.
I Saraceni avevano conquistato la Sardegna e si erano impossessati anche delle reliquie di Sant’Agostino da Ippona. Liutprando si attivò per riportare a casa le reliquie, pagando una forte somma. Il 28 febbraio 725 le reliquie di Sant’Agostino, portate in salvo da Cagliari, giunsero a Genova. Iniziamo allora la nostra ricostruzione del viaggio di Liutprando con le reliquie, servendoci delle leggende relative al punto di approdo del corteo in terra ligure. Giunti quindi a Genova e recuperate le reliquie, si doveva tornare a Pavia per sistemarle in nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro. In effetti venne usato l’antico e più diretto percorso della Val Polcevera attraverso il passo Pertuso (oggi della Vittoria e vicino all’odierno Passo dei Giovi). Giunti in Valle Scrivia la tappa era Savignone. Jacopo da Varazze (o da Varagine) narra così nella sua Cronaca della città di Genova dalle origini al 1297 “l’arrivo dei resti del santo in terra ligure: «Quando il re seppe che esse erano arrivate a Genova, partì da Pavia e vi giunse. Nella località di Savignone, esse diventarono tanto pesanti che in nessun modo i portatori poterono sollevarle. Allora il re fece voto a Sant’Agostino che, se ne avesse consentito il trasporto a Pavia, avrebbe fatto erigere una chiesa in suo onore. Fatto il voto, subito i portatori agevolmente sollevarono le reliquie e il re adempì a quanto promesso. Il luogo del miracolo, avvenuto presso l’attuale piazza del paese, è ricordato da una targa; una tradizione locale, invece, lo colloca in località Ponte di Savignone. Bisogna ora attraversare gli appennini. Vi sono alcune ipotesi sul tragitto compiuto: uno di questi porta la carovana verso il Monte Prelà passando dalla Val Brevenna. Sulle mappe odierne viene indicato il Monte Liprando che, attraverso la via del sale Lombarda, scende verso la pianura. Via poco supportata dagli studiosi sebbene avrebbe potuto essere la via della sola andata. La seconda si rivolge alla via Postumia. Anche questa via era poco supportata. La terza e più probabile proseguiva verso Vallecalda dove si trovava l’hospitale di San Bartolomeo di Vallecalda. via che seguiva quella dei Feudi Imperiali, via che divenne una delle vie commerciali più importante. Nella Leggenda aurea, Jacopo da Varagine racconta che, il giorno dopo il primo miracolo, lo stesso prodigio si verificò”in una città della diocesi di Tortona chiamata Casale” ed anche in questa città fu poi edificata una chiesa in onore del beato Agostino». Non abbiamo notizie di cittadine di nome «Casale» nell’antica tratta fra Genova e Pavia; considerando però che la via più breve da Tortona per Pavia, con un guado sul Po a breve distanza, si chiamava Caselle (l’attuale Casei Gerola), si potrebbe ipotizzare che Jacopo da Varagine intendesse accennare a questa. Lo testimonierebbe anche la presenza di una chiesa situata poco fuori dall’abitato e intitolata alla Madonna delle Grazie di Sant’Agostino, al cui interno il passaggio delle reliquie è ricordato da un dipinto del 1950. Come avvenne a Savignone, anche a Casei molte terre furono donate al monastero di San Pietro in Ciel d’Oro, che ne rimase proprietario fino alla soppressione napoleonica. Proseguiva il viaggio ma le notizie erano sempre poche e, anche qui, ci si rivolge alle leggende che in questo caso narrano che, intorno all’812, 40 malati si misero in viaggio per Roma e, giunti in un villaggio detto “Cana”, a tre miglia da Pavia, si videro venire incontro uno sconosciuto rivestito degli abiti pontificali che, uscendo da una chiesa dedicata ai SS. Cosma e Damiano, li salutò e chiese loro dove andassero». Lo sconosciuto si rivela poi sant’Agostino, che consiglia ai malati di visitare la basilica di San Pietro in Ciel d’Oro; una volta giunti sul posto, gli uomini vengono miracolosamente guariti. Al di là della leggenda, colpisce la precisione con cui Jacopo da Varagine cita una località a poche miglia da Pavia con un nome molto simile a «Cava», antica denominazione della località al quale si è aggiunto il toponimo «Manara». Secondo la tradizione, alla fine del viaggio Liutprando depose le reliquie di sant’Agostino nella chiesa di San Pietro in Ciel d’Oro, accanto alla quale fece subito edificare un monastero: fece costruire il monastero del Beato Pietro, che è situato fuori delle mura di Pavia e che è detto in Ciel d’oro», scrive Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum. Il nome probabilmente derivava dal fatto che il soffitto ligneo di questa chiesa paleocristiana era decorato d’oro.
Le spoglie riposano ancora nella chiesa.
Il percorso ricalca quasi interamente il percorso commerciale-medievale della Via dei Feudi Imperiali tranne che nel tratto finale che dal Colle della Martellona porta a Genova lungo la Via del Pertuso. Una tappa percorre la via che dalla Via del Mare nei pressi del Monte Antola scende in Valle Scrivia passando del Monte Liprando, nome che porta alla attenzione il Re Longobardo Liutprando. Tutta la via, le varianti e le Vie Storiche sono descritte nella pagina dedicata alla Via dei Feudi Imperiali
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