L’ambiente è uno dei più incontaminati, le valli sono scoscese e profonde, canaloni ricchi di vegetazione. I borghi sono piccoli disseminati lungo il territorio, meritevoli di attenzione e visita. Le case erano anche stalle, magazzini di prodotti come i cereali e le patate; le castagne erano il pane. Poi vi era il camino, focolare del nucleo familiare. Spesso si entrava in casa ci voleva la scala esterna che portava al primo piano perchè sotto vi era la cantina o la stalla riparo per gli animali ma anche ad uso riscaldamento. Le case in sasso e i tetti erano fatti con lastre di arenaria, ne possiamo vedere ancora molti esempi. Le case erano molto vicine, quasi un modo per riscaldarsi a vicenda. A Bogli al di sotto delle stradine scorrono i fossi lastricati che incanalano e permettono il deflusso delle acque piovane. Il fatto che i paesini sono uniti tra di loro da antiche mulattiere, ancora oggi esistenti, indica un mondo interno di unione di questi paesi. Il paesino di Zerba è il capoluogo della maggior parte dei paesi della Valle Boreca, gli altri se li dividono i capoluoghi di Gorreto e Ottone. Le genti, intere generazioni, di questi luoghi hanno lavorato duro, una vita di ristrettezze. Lo sappiamo ma possiamo solo immaginare con quanta dignità hanno mantenuto tradizioni e modi di vivere spartani. Purtroppo lo scarso reddito agrario, la mancanza di strade, il taglio poco redditizio di una quantità impressionante di legna di faggio, avvenuto durante e dopo la guerra nelle immense ma non eterne foreste di questa zona, hanno indotto la maggior parte delle famiglie ad emigrare nelle città più importanti. Se si escludono Pej e Zerba, gli altri paesi sono quasi disabitati, pochissimi mantengono residenti, una o due famiglie ancora dedite alla pastorizia e al lavoro duro e difficile dei campi, anche a guardia del paese. Famiglie meritevoli della nostra sincera ammirazione perchè cercano di conservare tradizioni e il totale spopolamento. Quando sono assediati dalla neve e dal ghiaccio, soprattutto qualche decennio orsono, i paesi sono costretti all’aiuto di elicotteri, cosa che è andata scemando se non scomparsa visto che i paesi sono praticamente disabitati. Vedremo, ad esempio tra le Capanne di Cosola verso i due paesi di Bogli e Artana, molti escursionisti con sci e ciaspole, percorrere la strada di accesso. Non molto tempo fa durante il nefasto periodo pandemico (covid-19) la strada della Val Boreca è stata chiusa completamente, percorsa solo dai carabinieri e dagli addetti al trasporto sanitario, per dare soccorso alimentare, e di supporto psichico e sanitario ai pochi abitanti della valle. Cambia quasi tutto in estate, molte delle famiglie che mantengono le radici, si trovano per ravvivare la vita di questi paesini. Si organizzano feste e ci si raccoglie nelle piccole piazze o aie per scambiare i ricordi ma anche per progettare il possibile futuro di queste valli.
Le valli ai piedi del Monte Alfeo: la valle Boreca e le valli Dorbera e Terenzone
Avremmo potuto parlare solo della Val Boreca che, senza dubbio, è la più importante e conosciuta delle altre due, anche se, qui troviamo molte note interessanti meritevoli di visita. Unire le tre valli è stata però una questione di intreccio ed unione di sentieri e di armoniosità dei percorsi che, quasi tutte ad anello, collegano i monti e le valli di questo territorio. La Val Boreca è soprattutto uno dei luoghi più nascosti e ricchi di fascino delle Quattro Province. I monti sono prevalentemente ricoperti da rigogliose faggete, facendone una valle quasi incontaminata. La Val Boreca è diventata famosa anche per un personaggio importante per la storia delle Quattro Province: Annibale Barca. I nomi dei borghi, seppure da annoverare nelle leggende di questi luoghi, hanno molti rimandi alla presenza cartaginese. Nei vari capitoli ne parliamo ampiamente. Personalmente amo queste valli, le ho amate fin dalla prima visita. Il ricordo va al gruppo di mountain-bike che ho frequentato per tanto tempo. Avevamo mountain bike scarne di accessori importanti, del resto erano i primi tempi, le MTB si erano da poco affacciate al mondo dell’escursionismo in bicicletta. Oggi ci permettono cose più importanti e con maggiore sicurezza. Le escursioni spesso richiedevano tanta fatica e maggiore attenzione, spesso dovevi spingere la bici, le valli sono strette e scoscese. Ma tutto ciò si tramutava in una grande soddisfazione. Una delle prime volte qui è stata con l’anello che da Ottone, via Campi porta alle pendici del Monte Alfeo (Pra di Cò), fino in cima a questo meraviglioso monte. La discesa è stata difficile ed impegnativa fino a Bertone. Passaggio al paese abbandonato di Campi Vecchio e ritorno finale. Lo volevo ricordare perchè a quel giro ha partecipato un amico che durante gli anni si è dimostrato tale e sempre con maggiore intensità. Poco tempo fa mi aveva svelato la sua grande voglia di visitare le sorgenti del Boreca. La mia promessa di aiutarlo in questa avventura non è stato possibile esaudirla. Te ne sei andato ma spero di rivederti nelle verdi praterie del monte Alfeo e se ci riuscirò alle sorgenti di queste meravigliose acque. Questa guida la dedico a Te, Franco Cattaneo, fai buon viaggio.
Il Monte Alfeo, la cui vetta è facilmente distinguibile da ogni parte noi la guardiamo, una bellissima piramide con quei versante spoglio di vegetazione e l’altro rigoglioso di piante, non c’è dubbio che possiamo definirla una delle montagne più belle di questi luoghi, vera montagna sacra sulla cui cima scavando per il piedistallo dell’attuale statua della Madonna, venne trovato un bronzetto raffigurante un giovane offerente, attualmente conservato al museo civico di Piacenza. La bellezza di questa montagna però deve anche questa fama alla sottostante valle che ne circonda le pendici:la Vai Boreca dove scorre lo stesso Boreca racchiuso da due pareti che convogliano le sue acque in alcuni canaloni, dove appare e scompare, consegnando all’escursionista una moltitudine di piccoli angoli da esplorare ed anche quando passiamo una seconda volta dallo stesso posto ci possiamo accorgere che sarò diverso e che ci sarà qualcosa di nuovo. Ogni paesino di questa valle può raccontare decenni di storia e di vita quotidiana e fa tristezza vedere ora questi piccoli girelli praticamente disabitati e solo d’estate qui la vita ricomincia a fiorire per poi ritornare una valle dormiente nell’inverno; ogni anno però ci accorgiamo che la valle invecchia in un lento avvicinamento verso una morte certa. La valle si è spopolata parecchi anni fa e pochissime famiglie vi risiedono nel periodo invernale e tutto a partire soprattutto dal secondo dopo-guerra conseguente ad un isolamento dovuto alla totale carenza di adeguate vie di comunicazione. A parte la strada che da Ottone arriva alle Capanne di Cosola e passa da Zerba, uno dei pochissimi paesi a mantenere un poco di vita anche in inverno, le altre strade di accesso sono praticamente sterrate. Certo per noi biker anche se le poche strade in salita non sono tutte ciclabili nella totalità, è una vera manna nel percorrere questa moltitudine di singie treck in un ambiente selvaggio, ed arrivando in questi paesini praticamente disabitati ma dalla bellezza inestimabile (vedi la piccola chiesetta con cimitero di Pizzonero) non possiamo fare altro che rallegrarci da un lato ma rattristarci dall’altro. Tutti i paesini di questa valle Suzzi, Pizzonero, Belnome,Tartago Bogli, Artana, Pej, Capannette di Pej, Vesimo, Zerba, Cerreto e Valsigiara ed infine nella valle del torrente Dorbera troviamo Bertone, Campi, Cabosa e Truzzi conservano antichi valori di paesi contadini, valorizzati dai numerosi fossi e rii che portano acqua al Boreca: e scendendo impetuosi portavano energia per far girare le pesanti macine dei mulini, ed anche le turbine per la produzione di energia elettrica per l’illuminazione dei vari borghi, infine il Boreca. Il Boreca convoglia le sue acque in una diga, attraverso una condotta sotterranea, che fornisce l’energia per il funzionamento della centrale idroelettrica posta sul Trebbia, di fronte a Losso, ecco spiegato il fatto che attraversando il Boreca dal ponte sulla strada che ci porta a Tartago è asciutto. Tornando a noi biker possiamo dire con assoluta certezza che tutta la Vai Boreca è una intreccio fitta di sentieri e mulattiere che in un primo momento sembrano accessibili ma poi passo dopo passo si scoprono di assoluta bellezza. Da vedere e da ricordare olive alla visita a tutti i paesini indistintamente, è il Castello di Zerba; certo visiteremo ciò che rimane attraverso un panoramico sentierino, ma vi assicuro che una volta arrivati la spettacolo panoramico è mozzafiato e guardando in basso non possiamo che entusiasmarci nel vedere le anse che il Trebbia sviluppa in questo punto. Con il Monte Lesima e la Vai Trebbia condivide il presunto passaggio delle guarnigioni Cartaginesi e del suo condottiero Annibale. Da qui si dice che il nome di molti dei paesini della Val Boreca nella loro toponomastica richiamano i luoghi di origine di Annibale che non fanno altro che avvalorare l’ipotesi della presenza del condottiero. Da vedere inoltre le piccole chiese di Suzzi e Pizzonero con il loro piccolo cimitero per il quale bisogna passare per entrare nella chiesa. Poi ricordiamo Begli particolare per il fatto che è il paese degli avi di Arturo Toscanini ed in fondo al paese è ancora possibile ammirare la casa. Altro paesino da ricordare è Artana dove in inverno è abitata da una sola famiglia. Vesimo è tristemente famoso per un episodio avvenuto durante la seconda guerra mondiale per una bomba sganciata da Pippo” sulla balera durante una festa, e le numerose morti ne danno la conferma Da vedere infine il mulino sul Boreca sul sentiero che unisce Begli a Suzzi testimonianza dell’unico mezzo per procurarsi l’energia necessaria per la vita della valle.
Sarà per la centralità, i suoi possenti contrafforti, ma l’Alfeo, con la sua fierezza discreta, rimane la montagna più rappresentativa – quasi simbolica – della Val Boreca. Più di duemila anni fa i progenitori dei montanari assistevano commossi al sorgere del sole dietro l’Alfeo. Fu così che misero lassù, una statuetta. E’ una delle montagne più belle e imponenti dell’Appennino ligure. Sorge sul lato sinistro della Val Trebbia, tra la val Boreca e la val Dorbera. Situato nel cuore delle quattro province fa parte del Gruppo del Monte Antola. Ha l’aspetto di una grande piramide isolata, con i fianchi ripidi. Il versante settentrionale, molto ripido e interamente boscoso, ospita le piccole frazioni della Val Boreca del comune di Ottone: Belnome, Tartago, Pizzonero e Suzzi. Sul versante meridionale, invece, dove si trova la frazione di Bertone, appartenente al Comune di Ottone, la vegetazione copre i fianchi della montagna fino a 1500 metri di altezza, per poi lasciare il posto ad estesi prati contornanti la vetta, sulla quale si trova una statua della Madonna con bambino che ci accoglie. Una cassetta delle lettere per metterci una preghiera. Luogo di arrivo ottimo per una breve sosta e riprendersi dalla fatica fatta. La vetta è molto panoramica e ci regala forti emozioni, ai nostri piedi una vera mappa topografica. Dalla cima è possibile godere di una vista ampissima, che si apre a 360° e che si spinge, in condizioni di cielo terso, fino alla pianura padana (a nord) e al mar Ligure (a sud). Si riconoscono, da sinistra, il monte Lesima, grazie al pallone sommitale, e il Penice, per la selva di antenne che lo cinge; quindi sullo sfondo i monti Mosso, Lazzaro e l’inconfondibile profilo seghettato della Pietra Parcellara. Alla destra del solco scavato dal fiume Trebbia si individuano le dorsali dei monti Capra, a dividere la valle da quella del torrente Perino, e Osero, a separare quest’ultima dalla val Nure. Proseguendo verso est si scorge l’Aserei, con la striscia di pineta sommitale, e più lontano il monte Menegosa; oltre l’avvallamento del Mercatello si individuano il monte Carevolo, quindi le praterie del Crociglia e la parete rocciosa della Ciapa Liscia con i monti Bue e Maggiorasca in secondo piano; sullo sfondo il monte Penna. Verso oriente si possono apprezzare, in primo piano ai piedi del monte, i verdi pascoli di Prà di Cò, che rompono il pendio declinante verso il Trebbia. In direzione sud la vista spazia sull’alta val Trebbia, dai monti della val d’Aveto alla catena dell’Antola. Non a caso fu una montagna sacra (assieme al Penna ed al Penice) agli antichi e fieri abitatori di queste montagne, i Liguri, che la consideravano abitata e permeata del loro dio, signore della luce e protettore delle greggi. Su questa montagna un sonetto (vedi Monte Lesima) indica una certa considerazione, mentre sulle le antiche mappe, viene messo in evidenza rispetto ad altri monti più alti. Su diversi testi, considerazioni riportate su leggende, storie vere o tradizioni popolari, il monte veniva considerato anche un “covo di vipere” e “nido di acquile”.
Un bronzetto sul Monte Alfeo
E’ sull’Alfeo che nel 1954, che alcuni giovani esploratori, scavarono per il piedistallo dell’attuale statua della Madonna, in sostituzione della vecchia edicola. Fu così che venne trovato, alla profondità di circa un metro, un statua bronzea raffigurante un giovane offerente, attualmente conservato al museo civico di Piacenza. Poco discosto la sua base quadrangolare con segni di rottura corrispondenti alla pianta del piede destro e alla punta del sinistro. Lo scavo proseguì, si cercarono altri reperti con scarsa fortuna. Decisero di spostare di pochi metri la fondazione del peidistallo della statuta. Il bronzetto dell’Alfeo èriconducibile al II° – I° sec. a.C. Presenta una figura di giovane offerente di tipo apollineo, ignuda, salvo un drappo che cade dalla spalla e dal braccio sinistro. Sulla mano destra una “patéra” una piatto con un tondo rialzato centralmente usato anche dai Romani nei sacrifici. L’antica tradizione ligure di offrire e di farlo sui monti, luoghi sacri e propiziatori. I monti erano anche i luoghi più vicini al cielo, quindi un modo di avere un rapporto diretto con gli dei. I bronzetti si seppellivano sulla sommità dei monti. Non a caso ne è stato ritrovato uno sul Monte Penice e uno sul monte Penna.
Monte Lesima
Il monte è inconfondibile da qualsiasi parte lo si voglia trovare, con la sua “palla” bianca, adibita a stazione radar. L’altezza del monte è di 1724 m, superato solo dal Monte Maggiorasca (1799 m), dal Monte Nero (1753 m) e dal Monte Penna (1735), tutte cime dell’Appennino Ligure e delle Quattro Province. La vetta però non è in corrispondenza della stazione radar, ma dal punto dove è posizionata la immensa croce in metallo. Dal monte si gode un bellissimo panorama che spazia dalla Valle Staffora alla Valle dell’Avagnone e la Val Trebbia e, seguendo il crinale, i Monti Tartago, Terme e la Cima Colletta. Proprio su questo crinale transitano il sentiero Europeo E7 che, proveniente da Piacenza, prosegue verso il Monte Chiappo fino al Monte Lavagnola. La sponda che volge ad est, ripida e rocciosa, è detta Rocca del Lupo (secondo la leggenda vi sarebbe precipitato un lupo): consegna le sue sponde prative verso il Monte Lesimina sopra l’abitato di Zerba, lungo la Costa del Gazzo. Il crinale dalla Cima Colletta al Monte Lesima è ricco di una fitta rete di sentieri quasi tutti segnalati dai segnavia bianco-rossi. La storia del monte è legata al condottiero Annibale: si dice che si ferì una mano: “Lesit Manu” e, da qui, il nome “Mons laesae manus”, e infine – il passo è breve – si arriva al toponimo di Lesima.
Una filastrocca dice
Lèsima Lesimìn
tutt’i monti i ghè fa inchin
non ghè che mont Alfè
che l’è ciu alto che ne lè
Sappiamo tutti, oggi, che non è vero, infatti il Lesima è alto 1724 metri mentre l’Alfeo è 1651.
Detto anche Borrèca il Torrente Boreca è affluente di sinistra del Fiume Trebbia e svolge il suo corso molto incassato fino a raggiungere le acque del Fiume Trebbia. Raccoglie le acque dei numerosi fossi e rii che dal Monte Lesima portano al Monte Carmo e al Monte Alfeo. Le sue origini però si riconducono al Monte Carmo in quella zona ai piedi della Costa delle Scabbie Poranzi. Nel suo primo tratto volge verso nord poi, raccogliendo òe acque del Rio di Pej che proviene dal Passo del Giovà e, più avanti, quelle de Il Rio proveniente dal Monte Ronconovo e Alfeo. Con un paio di esse si getta nel Fiume Trebbia nei pressi dell’ansa che il Fiume Trebbia crea ai piedi del Castello di Zerba, nei pressi di Losso. Piccole è stretta valle è quella solcata dalle acque del Torrente Dorbera, il più corto dei tre. Il bacino che raccoglie le acque è delimitato dal Monte Zucchello al Monte Ronconovo e del Monte Alfeo. Il Torrente si getta nel Fiume Trebbia a Gorreto. Il Torrente Terenzone, secondo per lunghezza, prende le acque dai vari Rii e Fossi che nascono ai piedi del crinale tra il Monte Carmo e la località di Fascia, lembo del Parco dell’Antola. Tra le due frazioni Alpe e Varni prende il nome di Terenzone e scorrendo dritto fino a valle si getta tra Gorreto e Rovegno. A parte quelli citati, una innumerevole quantità di rii e fossi si gettano, dalle montagne più alte, nei torrenti, rendendo le valli ricche di acqua limpida e notevolmente pura. Molte di queste acque fornivano l’energia necessaria per far girare le pesanti macine dei mulini e dopo la prima Guerra, anche per far girare piccole turbine per la produzione di energia elettrica per l’illuminazione dei vari borghi. Qualcuna di esse è ancora visibile e lo faremo durante i nostri viaggi.
Paesi che compongono le valli Boreca, Dorbera e Terenzone e quelli della valle Trebbia inclusi negli itinerari
PAESI | A
PAESI | B
PAESI | C
PAESI | F
PAESI | G
PAESI | O
◾ Le frazioni: Artana, Barchi, Belnome, Bertassi, Bertone, Bogli, Campi, Cattribiasca, Croce, Fabbrica, Frassi, Gramizzola, La Cà, Losso, Moglia, Monfagiano, Orezzoli là, Orezzoli qua, Ottone Soprano, Pizzonero, Rettagliata, Rocca Corvi, Santa Maria, Semensi, Suzzi, Tartago, Toveraia, Traschio, Truzzi, Valsigiara
PAESI | P
PAESI | R
PAESI | S
PAESI | T
PAESI | V
PAESI | Z